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Questo saggio dello studioso canadese Jacques Beaudry si legge e si gusta come un romanzo sia rispetto al contenuto sia rispetto alla forma. Il taglio narrativo vuole mettere a fuoco la figura umana e artistica dello scrittore piemontese attraverso le letture da lui svolte nel tempo e attraverso i personaggi ai quali si è ispirato. In particolare l'autore indaga la passione di Pavese per le letterature straniere e la forte affinità con i personaggi da lui amati, tra cui quelli della mitologia classica, tanto da istituire con essi uno scambio tra vita e arte. L'uomo-libro Pavese si rivela progressivamente al lettore come uomo costretto dal destino a realizzare se stesso nel suicidio, poiché, come annota nel Diario il 30 gennaio del 1950: "Fatale è chi realizza in sé un mito autentico in cui crede. L'uomo fatale non è libero".